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🔬Un Viaggio nel Laboratorio dei "Fiori del Mare" della Prof.ssa Giangrande: Alla Scoperta della Sabella Spallanzanii, dal Microscopio all'Acquacoltura Sostenibile - con il Dott. Matteo Putignano🪸

  • Immagine del redattore: CuŠcénzia
    CuŠcénzia
  • 6 mar
  • Tempo di lettura: 6 min

Vi portiamo in una avventura nel Laboratorio di Zoologia Marina Applicata dell'Università del Salento, dove abbiamo incontrato chi scopre nuove specie marine, in questo caso "vermi marini", comunemente conosciuti come Policheti ed appartenenti alla phylum degli Anellidi (lo stesso gruppo al quale appartengono i nostri lombrichi).

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La Prof.ssa Adriana Giangrande è  uno dei pochi specialisti riconosciuti a livello mondiale nella tassonomia della famiglia Sabellidae di cui è in fase di realizzazione un volume della Fauna d’Italia. Insieme al dottorando Matteo Putignano, mi hanno aperto le porte di un mondo affascinante: quello della Sabella spallanzanii (Gmelin, 1791), un organismo che stanno studiando anche come una delle chiavi per un futuro marino più sostenibile 🌊


Alla Scoperta della Sabella 🔍

"Guarda, sta iniziando a uscire la corona", mi dice il Dott. Putignano mentre osserviamo una Sabella emergere lentamente dal suo tubo protettivo. A prima vista potrebbe sembrare un semplice verme, parente dei lombrichi terrestri, ma quando la corona di “tentacoli” si dispiega, rivela tutta la sua straordinaria bellezza. Non è un caso che i ricercatori li chiamino "fiori del mare" 🌸

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La magia inizia con le osservazioni allo stereo-microscopio. Qui, il Dott. Putignano mi svela i segreti di questo organismo straordinario. Per un non-esperto, erroneamente si pensa subito ai famosi coralli, che appartengono invece ad un altro ramo, quello dei Cnidari (lo stesso gruppo delle meduse) e sono carnivori di notte, mentre dipendono da alghe simbionti per la fotosintesi; invece la Sabella è un filtratore attivo: la sua corona colorata non è solo bella da vedere, ma costituisce un sofisticato sistema di filtrazione che setaccia l'acqua marina. "Mangiano batteri e sostanza organica disciolta", mi spiega, "sono come degli spazzini naturali del mare" 🧹


Le Scoperte 💡

La storia più affascinante emerge quando La Prof.ssa Giangrande ci spiega il potenziale di questi organismi. "Notavo che quando mettevo una Sabella in un acquario con acqua torbida..", confida con un sorriso "..dopo poco tempo l'acqua diventava cristallina." Questa semplice osservazione ha acceso una lampadina: se una singola Sabella aveva un tale impatto in un acquario, cosa potrebbero fare migliaia di questi organismi per esempio in impianti di allevamento marini / acquacoltura? 🤔

Questa intuizione ha portato a uno dei progetti innovativi del team: un sistema brevettato che utilizza le sabelle per purificare naturalmente l'acqua negli impianti di acquacoltura. "Con pochissimo costo", spiega il Dott. Putignano, "posizioniamo dei collettori speciali attorno alle gabbie dei pesci. Le sabelle si insediano spontaneamente su queste strutture, creando una barriera filtrante vivente."
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Il sistema è geniale nella sua semplicità: le sabelle si nutrono dei rifiuti organici prodotti dai pesci d'allevamento, trasformando quello che normalmente sarebbe un problema ambientale in una risorsa. "Non devi dar loro da mangiare", sottolinea il ricercatore, "crescono utilizzando i rifiuti dei pesci, e così facendo purificano l'acqua."


Il problema dell'acquacoltura tradizionale, mi spiegano, è l'accumulo di sostanza organica sul fondo. Questo porta a una diminuzione dell'ossigeno nell'acqua, che può essere fatale per l'ecosistema marino. "L'ossigeno in acqua non è come nell'aria", mi spiega il Dott. Putignano, "è molto meno solubile, e diminuisce ulteriormente con la profondità e la temperatura e viene consumato dai batteri." Le sabelle, intercettando e utilizzando questa sostanza organica prima che si accumuli, prevengono il problema alla radice 💪.

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Ma c'è di più: la biomassa delle sabelle può essere poi utilizzata per produrre mangimi sostenibili 🔄 L'uso della S. spallanzanii come ingrediente per mangimi nell'acquacoltura potrebbe ridurre la dipendenza dalla farina di pesce, contribuendo a una strategia di economia circolare. La sua integrazione porterebbe vantaggi sia ambientali (bioremediation) sia economici (nuovo sottoprodotto valorizzabile), supportando la sostenibilità dell'industria dell'acquacoltura.🎯"L'importante", sottolinea il Dott. Putignano, "è gestire correttamente il ciclo. Le sabelle possono accumulare metalli pesanti, ma principalmente nella corona, che può essere facilmente rimossa, lasciando il corpo pulito per altri usi" 🔄.


Ecco a voi un mini-video dell'incontro (ne trovate altri sulla nostra pagina social e Youtube).


Il team sta collaborando con pescatori locali e impianti di acquacoltura per implementare questi sistemi su larga scala. E i benefici sono tangibili: "Il collega Dott. Claudio Calabrese, componente fondamentale del nostro team, ha fatto dei sondaggi", mi racconta entusiasta il ricercatore, "e i consumatori preferiscono i pesci allevati nelle gabbie con il nostro sistema di bio-filtrazione. Li trovano più saporiti!"


Ma le applicazioni non si fermano qui. Il team sta esplorando l'uso della biomassa delle sabelle per altri usi, potremmo solo immaginare:

  • Biomonitoraggio della qualità delle acque?

  • Produzione di biogas sostenibile?


Un Ecosistema in Miniatura: La Prova Vivente 🏠

Davanti a noi, nel laboratorio, c'era un acquario curato dal Prof. Mancini, il quale mi spiega che non è il classico acquario pieno di pesci tropicali colorati che si vede nei salotti di qualche casa, ma un vero e proprio ecosistema in miniatura costruito attorno a un pezzo di "reef" - una biocostruzione naturale come quella prodotta dai coralli, ma in questo caso prodotto da policheti appartenenti alla famiglia dei Sabellariidae. "Vedi queste intercapedini e fratture?", mi indica, "Sono l'ambiente ideale per una moltitudine di organismi." Osservo affascinato come piccoli paguri femmine abbiano fatto la loro casa nei tubi abbandonati di Sabellaria alveolata (Linnaeus, 1767), creando una vera e propria comunità marina interconnessa.

Oltre alla S. spallanzanii, nell'acquario si notano altre corone, diverse e di un altro colore, più rosse, sono si un'altra specie di sabellide. "Una delle rivelazioni più sorprendenti di questa ricerca riguarda la capacità di adattamento e convivenza delle diverse specie di Sabelle. Dal 1970", mi racconta il Dott. Putignano mentre osserviamo l'acquario, "diverse specie non native sono arrivate nel Mediterraneo." C'è il Branchiomma luctuosum (Grube, 1870) con la sua corona rosso acceso, il Branchiomma boholense (Grube, 1878) dall'Indo-Pacifico, e altre specie ancora. La preoccupazione iniziale era che queste specie alloctone (ovvero non native dell’area in cui vengono ritrovate e spesso chiamte “specie aliene”) potessero creare problemi di competizione con Sspallanzanii, la quale è ovviamente autoctona (ovvero nativa del nostro mare). "Invece", sorride il ricercatore, "abbiamo scoperto che convivono pacificamente!"

In questo specifico caso, ognuna delle specie ha trova la sua nicchia, contribuendo alla filtrazione dell'acqua e alla costruzione di quello che potremmo chiamare un "condominio marino". Le sabelle non solo coesistono, ma creano vere e proprie comunità filtranti che migliorano la qualità dell'acqua.

"Non servono pesci tropicali costosi o coralli rari” riflette il Dott. Mancini mostrandomi il suo acquario ricco di vita locale, " la vera meraviglia è qui, nel nostro mare." È una lezione importante: la sostenibilità non significa necessariamente investimenti costosi, ma piuttosto comprendere e valorizzare le risorse che la natura ci offre 🌱.

La visita al laboratorio si conclude con una dimostrazione pratica di come la ricerca scientifica possa unirsi alla sostenibilità quotidiana. Il Dott. Mancini mi mostra come stanno collaborando con i pescatori di Tricase per studiare le microplastiche negli stomaci dei pesci. "Quando i pescatori tirano su le reti", mi spiega, "raccolgono anche frammenti di roccia colonizzata. Prima questi frammenti venivano scartati, ora sono preziosi campioni di studio." Da questi "scarti", il team sta scoprendo nuove specie e comprendendo meglio la biodiversità del nostro mare 🔍.



Tecnologia green 🌱 e Natura Blu 🌊: Una Sinergia Vincente!

Quello che rende davvero speciale il lavoro di questo team è la capacità di unire l'osservazione scientifica con applicazioni pratiche. Le sabelle, con i loro sofisticati sistemi di filtrazione e la loro resistenza, rappresentano un esempio perfetto di come la natura possa offrirci soluzioni a problemi complessi. Il loro sorprendente sistema visivo, composto da occhi composti distribuiti solo sulla corona e di numerosi occhi semplici lungo tutto il corpo, permette loro di percepire il pericolo e adattarsi all'ambiente circostante. "È un meccanismo di difesa interessante", mi spiega il Dott. Putignano mentre osserviamo una sabella ritirarsi rapidamente nel suo tubo, "ma è anche un esempio di come la natura abbia sviluppato soluzioni incredibilmente efficienti" 👀


Lasciando il laboratorio, porto con me una nuova consapevolezza. La ricerca sui "vermi marini" non è solo un archivio di studi e pubblicazioni: è un esempio di come possiamo ripensare il nostro rapporto con il mare. I "fiori del mare" ci insegnano che le soluzioni ai nostri problemi ambientali potrebbero essere già presenti in natura, dobbiamo solo imparare a riconoscerle e utilizzarle con genialita'.

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